Le giornate si sono allungate, arriva la primavera e con la bella stagione iniziano nei vari paesi le sagre.
La prima è quella di San Giuseppe a Filighera.
In occasione di questa sagra era tradizione per noi Belgioiosini raggiungere il paese in festa nel pomeriggio perché il giorno di S. Giuseppe allora era una festività.
Tanti anni fa andavano a piedi dai “bæläridon” (così vengono denominati i Filigheresi) a comperare i filoni di castagne (i filson) e a trovare parenti ed amici che accoglievano gli ospiti calorosamente offrendo loro le tipiche frittelle (i şfärsö) e un buon bicchier di vino.
L’effigie della “bæläridon” (volto di donna che ride) allora, era ancora dipinta sul campanile, s’intravvedeva il viso sorridente a voler ricordare (a chi non credeva) che il campanile più alto del circondario era il suo.
Uomini, donne e bambini con zoccoli, ciabatte nuove e scialle o maglione sulle spalle, chiacchierando arrivavano a Filighera. Erano così tanti che sembrava una processione.
All’entrata del paese si trovavano cestoni pieni di filoni di castagne, ciambelline infilate a collana (i bräsädé), caramelline (viulèt, milesäpori, gumon) e bastoncini di liquirizia (lègn duls).
La giostrina per i bambini era posta in mezzo al paese, seggiolini volanti (lä calcinculo), autopista e tiro a segno, nei pressi della chiesa e nell’asilo delle suore era allestita la pesca di beneficenza.
Col clima quasi primaverile era piacevole raggiungere questo luogo a piedi, sia attraverso la strada maestra, allora percorsa da poche macchine, sia attraverso i sentieri campestri.
Felici, al ritorno, le mamme, legavano a borsa il grembiulino nero ricamato, del giorno di festa, perchè sulle rive dei fossi e nei prati raccoglievano rafano selvatico (ländär), papavero selvatico (popul), capsella (cäsèt), e tarassaco (sicurion), da cucinare in tempo di Quaresima (mängià äd mägär), mentre le bambine con la collana di castagne al collo raccoglievano mazzetti di pratoline e viole.
Rosella Bottani