ANNUNCIO ED EVANGELIZZAZIONE
1. Rallegrati! «Rallegrati», dice l’angelo a Maria (Lc 1,26). L’annuncio ha da subito il sapore della “gioia”. Come la Vergine, sperimentiamo davvero l’Evangelii Gaudium, la gioia del Vangelo. Annunciare è gioire, è aumentare la propria vita (EG 10); è «osare», afferma un gruppo; «è condividere», perché non esiste gioia che non senta il bisogno di essere condivisa. La Chiesa non cresce per proselitismo ma per attrazione (BENEDETTO XVI, 13 maggio 2007, cit. in EG 14). Annunciare la gioia, non la paura: la gioia non è allegrezza da esibire, né superficialità, né senso di superiorità, né sarcasmo, né cinismo, ma profondità, leggerezza e umiltà. Annunciare è la novità che si matura nell’ascolto. Proprio il kerygma ci restituisce la dinamica complessiva dell’annunciare: il Verbo incarnato (che dà attenzione alla concretezza delle situazioni reali delle persone con le quali Gesù ha comunicato mediante una parola semplice, diretta, chiara, carica di verità), Gesù che è morto (e che muore nelle difficoltà, nei fallimenti, nella sofferenza e nell’esperienza della morte che ognuno di noi può aver fatto), Gesù che è risorto (perché la morte offerta per amore non è l’ultima parola, perché quello che all’uomo sembra impossibile e assurdo non è impossibile a Dio, perché si possa sperimentare la salvezza e la gioia di una esistenza trasfigurata, carica di prospettive e capace di sperare).
2. Nel mistero dell’Incarnazione Gesù si è incarnato. Gesù si conosce tramite la sua Parola, tramite la Scrittura, che ha valore performativo e crea «relazioni vere di incontro e condivisione», per l’instaurarsi di una vera relazione: il linguaggio della vita. È questo l’umanesimo che già c’è nelle nostre Chiese e che vuole ancora più centralità e vigore. Qui anche l’importanza della testimonianza, che suscita domande e rende desiderabile camminare con Gesù. Si può testimoniare solo dopo aver fatto esperienza concreta di Gesù, e dopo aver rinnovato la nostra risposta alla domanda: «Ma voi chi dite che io sia?» (cf. Mc 8 e par.). Così l’annuncio rigenera chi annuncia. L’annuncio si fa eloquente quando è fatto di gesti che hanno il gusto della carità animata dall’adesione a Cristo, dall’imitazione delle sue azioni, dal racconto dei suoi miracoli e dei suoi incontri con le persone. Ma anche chi già cammina da tempo ha bisogno di ascolto e di rinnovare la propria mente per non “raffreddare” la propria umanità. L’incontro con la differenza, la percezione dei propri limiti e la consapevolezza di essere amati porta a tornare sulle proprie motivazioni e a riscoprire in noi il volto di Cristo e la sua infinita tenerezza (cf. EG 3).
3. Ai piedi della croce Afferma papa Francesco: desideriamo una «stagione evangelizzatrice più fervorosa, gioiosa, generosa, audace, piena d’amore fino in fondo e di vita contagiosa!» (EG 260). Gesù muore per noi. E allora chi annuncia impara dapprima a morire a se stesso. Sempre nell’uomo c’è il rischio dell’egocentrismo e di annunciare se stesso. Inoltre oggi sembra più difficile di ieri portare il vangelo, ma è solo diverso, per le specifiche difficoltà legate alla nostra epoca (EG 263), piena di sfide che possono però diventare occasioni di annuncio. Alcune difficoltà che emergono: • Autoreferenzialità. • Devozionismo. • Clericalismo. • Povertà formativa.
4. Nello Spirito del Risorto La speranza è legata alla progettualità. E alla certezza che Cristo è già risorto, fonte della gioia. Abbiamo bisogno di un radicamento interiore, cioè «della convinzione che Dio può agire in qualsiasi circostanza, anche in mezzo ad apparenti fallimenti, perché ‘abbiamo questo tesoro in vasi di creta’ (2Cor 4,7)» (EG 279). Un tesoro, nascosto quasi come la vita nascente in un grembo materno. Più la Chiesa dà parola alle famiglie che la compongono, più diventa Chiesa madre. Emerge tutta l’importanza della comunità ecclesiale come soggetto di evangelizzazione e al suo interno, in particolare, delle famiglie. Attenzione alla formazione. È necessaria «la revisione del sistema educativo della Chiesa»: non solo l’iniziazione cristiana e l’educazione dei bambini e dei ragazzi, ma la stessa formazione degli operatori, con particolare attenzione agli itinerari formativi che coinvolgono preti, religiosi e laici, uomini e donne. Del resto «Gesù lavorò molto con i propri discepoli». «Occorre il coraggio di partire da sé stessi».
Annunciare significa mettere al centro il Vangelo: «l’importanza della conoscenza della parola di Dio», fino a farla diventare un’esperienza ordinaria della formazione cristiana. Occorre rimettere al centro della vita della Chiesa l’ascolto del Vangelo, elemento di unione e di aggregazione. Occorre «saperlo attualizzare», perché esso genera realmente «un profondo processo di conversione personale, comunitaria e pastorale». Annunciare significa agire, decentrarsi, aprirsi a tutti. È l’ascolto meditato e pregato del Vangelo che permetterà allo Spirito Santo di portare la comunità sulle strade degli uomini, per incontrare le fragilità dell’umano, negli incroci dei sentieri della vita in un percorso fatto di vicinanza, accoglienza, incontro, accompagnamento e condivisione, con grande attenzione alle esigenze dei territori. «Ascoltare, più che dire; incontrare più che portare»; «Includere gli ultimi». Occorre acquisire la competenza necessaria per aiutare, sostenere, accompagnare e annunciare la speranza in ogni contesto ambientale ed esistenziale (disagi psichici, crisi coniugali, problemi educativi, …). Confrontarsi con la malattia, il disagio fisico e psichico, la disabilità e la fragilità costringe a fare i conti con la realtà di un’esistenza che non fa sconti a nessuno. Includere è il modo di testimoniare Gesù che si curva sugli ultimi. • Occorre saper abitare i social, affinché diventino luoghi di reale dialogo e annuncio positivo e formativo, e vanno «valorizzati la stampa e i media di ispirazione cristiana».
Sabato 28 settembre, in occasione della sagra di San Michele, alle ore 21 in chiesa parrocchiale a Belgioioso, si è pensato di proporre una RASSEGNA DI CORI, i quali presenteranno almeno 4 canti sacri.
Nei giorni scorsi ha concluso il suo pellegrinaggio terreno, Caterina Colombani, mamma del nostro don Edoardo. I funerali sono stati celebrati in forma familiare presso la Casa San Giuseppe nella mattinata di martedì 13. Accompagniamo con la preghiera di suffragio la nostra sorella Caterina, certi che il Signore la accolta nel suo amore di Padre. Ci stringiamo a don Edoardo con la nostra preghiera e la nostra familiarità di comunità cristiana, facendo nostra la preghiera di S. Ambrogio (Deus Creator Omnium), che riporta S. Agostino nel libro delle sue Confessioni, e che don Edoardo ha fatto sue al termine dell’omelia esequiale:
Dio, creatore dell’universo, e reggitore del cielo, che rivesti col chiaror della luce il giorno, e la notte col dono del sopore, perché il riposo ridoni all’usata fatica le membra spossate, sollevi le menti stanche e liberi dagli angosciosi affanni. Un inno a Dio Creatore che fa parte della grande ricchezza della Liturgia Ambrosiana (Milano).
VITA PARROCCHIALE
Con lunedì 26 agosto riprende la Celebrazione Eucaristica feriale delle ore 18.00
L’oratorio riaprirà martedì 27 agosto.
***
Si iniziano a raccogliere oggetti vari IN BUONO STATO, per allestire la pesca di beneficenza di settembre. Portarli direttamente in parrocchia.
***
Ci si sta muovendo per poter partecipare al GIUBILEO a Roma, in occasione dell’incontro con i volontari. Le date indicativamente sono 7-9 marzo 2025.
***
Da sabato 24 a venerdì 30 agosto, don Roberto è assente dalla parrocchia, per partecipare al campo scuola (a Brentonico) organizzato dagli insegnanti di religione, con ragazzi e ragazze delle scuole medie della Diocesi




Don Roberto sono Laura di Filighera vorrei con mia figlia Vittoria essere inserita nel gruppo che andrà a Roma al Giubileo del prossimo Anno. Se fosse possibile avere indicazioni in merito te ne sarei grata.
Buonasera Laura. A brevissimo il parroco renderà pubblico il programma con relative indicazioni per iscriversi. Troverà tutto anche sul sito
Il punto 4 lo riscriverei così:”Nello Spirito del Risorto la speranza è legata alla certezza che Cristo è già risorto, fonte della gioia”….Occorrono i progetti – sicuramente – ma la speranza non può risiedere in loro. I progetti si fanno e dopo due secondi si disfano …la nostra speranza non è una utopia ma appunto si fonda su Cristo presente qui ed ora nella Chiesa.
Buonasera Carlo. É stato ritenuto esaustivo dal parroco attingere senza riportare rivisitazioni personali alle relazioni del Convegno di Firenze e la catechesi di Benedetto XVI. Grazie